Hassan e il Mare

Hassan e il Mare

Il racconto si ispira ad avvenimenti recenti.
Tuttavia i personaggi e i fatti qui narrati sono interamente inventati e frutto della mia fantasia.


A scuola – Ragazzi il mare è molto bello, – oggi inizia così la sua lezione il maestro Rashad.
E, non appena gli alunni si sono sistemati in silenzio ai loro posti, riprende:
– Vi voglio parlare appunto del mare. Voi non lo avrete mai visto; qui in Afganistan non c'è, ma la terra, il pianeta che ci ha dato Allah, è fatto nella sua maggior parte di mare.

La classe è rimasta attenta, silenziosa. Lui, compiaciuto, riprende e spiega:
– Il mare è come un deserto azzurro. Su, provate ad immaginarvelo. Guardate fuori dalla finestra e al posto della pianura metteteci un unico grande lago. Provate a cancellare le montagne e ad immaginarvi che ci sia il cielo anche laggiù, in mezzo ai sassi rotolati giù dai monti. Il mare è una distesa azzurra che tocca il cielo. Il mare è molto bello!

La classe ascolta in silenzio, incantata dalla descrizione. Il maestro Rashad è davvero bravo a suscitare l'interesse dei ragazzi. Sa usare le giuste parole.
Anche Hassan lo ascolta attento ed è rimasto molto stupito nel sapere, solo adesso, che esiste il mare: una cosa grande e bella che lui non ha mai potuto vedere.
A casa, mentre tutta la famiglia è a cena, non sa trattenersi dal raccontarlo:
– Oggi a scuola abbiamo parlato del mare. Qui non c'è; noi non lo vediamo, ma è immenso e splendido; così ci ha spiegato il maestro. È un peccato che io non lo abbia mai visto!

Quella sera, quando tutta la famiglia è andata a riposare, suo fratello maggiore, Karim, si avvicina al suo letto e gli sussurra:
– Non dire che te l'ho detto io, ma tra qualche giorno tutti noi partiamo per la Siria. Là c'è il mare e noi lo attraverseremo per andare in Europa. È là che già sono andati gli zii, perché là nessuno ci può fare del male e là non c’è la povertà che patiamo nel nostro paese.
– Ma davvero! Allora il mare, lo vedrò anch'io! – gioisce Hassan, trattenendo a stento la voce.
– Sì, il papà ha venduto tutti i nostri campi allo Shaykh. Ora abbiamo i soldi per passare tutti i confini e arrivare in Siria. Là c’è il mare: noi lo attraverseremo e raggiungeremo l’Europa! Ti raccomando, non dirlo a nessuno. Non lo si deve sapere, altrimenti ci arrestano.

Che gioia per Hassan: nella notte nel suo sogno abbatte tutte le montagne e trasvola leggero e felice sull'immensa distesa di un mare tutto azzurro.

Scorrono lenti i giorni, fino al momento tanto atteso.
Quella sera davanti a casa loro giunge Omar col suo camion. Normalmente trasporta merci da e verso la Siria, ma arrotonda come può, con altri traffici. Lo conoscono, si fidano di lui, è una brava persona; anche lui ha una famiglia da mantenere.
Sul camion caricano poche cose, preparate già da giorni: coperte e vestiti per il viaggio, qualche scorta di cibo, alcuni ricordi più cari, il denaro rimasto e gli ultimi oggetti di qualche valore con cui pagare i miliziani o i doganieri che incontreranno, perché li lascino proseguire il viaggio.

Tutta la famiglia sale nel cassone del camion e vi si accomoda alla meglio. Sono in cinque: papà, mamma, Hassan ed i fratelli Karim e Sara.
– Dovete stare lì bassi, meglio se sdraiati, – raccomanda Omar, accendendo il motore, – non temete, conosco bene la strada, già l'ho fatta tante altre volte.
E si parte.

Hassan vede i profili neri delle montagne che ben conosce allontanarsi e rimpicciolire sempre di più sotto al cielo stellato.
– Provate a dormire – raccomandano i genitori ai figlioli. Ma il sonno non arriva. Impossibile. Come riuscirci tra salite, scossoni continui, buche e discese?

Scorrono le ore ed ecco l'alba. Omar guida il camion dietro a dei grossi massi, per celarlo a chi passerà su quella strada.
– Ora io mi riposo, – spiega loro Omar – dobbiamo essere prudenti e viaggeremo soltanto di notte.
– Dov'è il mare? – domanda Hassan.
– Siamo appena all'inizio del viaggio, – risponde il papà, – ci vorrà qualche giorno e vedrai che, se Allah lo vuole, ci arriveremo.

Sul camion Una, due, tre e quattro: scorrono le giornate ed i chilometri attraverso l'Iran e l'Iraq.
Ad ogni tappa la domanda di Hassan è stata sempre la stessa e sempre identica la risposta.
Ma oggi c’è una novità:
– Domani vedrai un grande lago, – spiega Omar. – attraverseremo un grande lago salato, un bianco lago asciutto. Non devi confonderlo col mare, perché il mare è molto, molto più grande.
– E poi il mare è azzurro! Non è bianco, io lo so bene, – afferma sicuro Hassan.
– Sì esatto, è azzurro e blu. A volte è verde. Il mare è bianco solo quando c’è una burrasca ed allora è molto pericoloso.
– Che cosa vuol dire? Il mare può farmi del male?
– Quando è arrabbiato, il mare può fare del male a tutti. Ma non temere.

Scorrono altri due giorni e due notti di viaggio, ma all’alba, giunti in cima ad un poggio, Omar rallenta un poco, si sporge dal finestrino e grida a tutti i suoi passeggeri:
– Ecco laggiù il mare! Siamo arrivati a destinazione!

Un’ora dopo Omar si ferma al porto, di fronte ad un vecchio magazzino. Dopo aver scaricato le loro poche cose, fa loro gli auguri e subito prende la via del ritorno.

In quel magazzino c’è chi li stava aspettando: due tipi sinistri che incutono un po’ di timore. Dal papà di Hassan esigono subito la metà dei soldi, come pattuito. L'altra metà della quota la pagheranno dall’Europa i parenti, quando saranno informati dello sbarco.
Poteva esserci qualche imbroglio, ma quei due sono di parola e, una volta avuto ciò che volevano, accompagnano tutta la famiglia al porto.

Hassan, finalmente è arrivato fino al mare che tanto desiderava vedere.
Ma, non lo può ancora ammirare come vorrebbe in quel porticciolo, in mezzo alle barche dei pescatori e qualche battello più grande.
C’è anche un grosso caiccio ed è su quello che si imbarcano.

È una bella imbarcazione, utilizzata tempo addietro per giri turistici, quando gli europei A scuola venivano sin qui per escursioni verso le isole turche e greche.
Dentro c’è abbastanza spazio. Già si sono imbarcati vari altri fuggiaschi: uomini, ragazzi soli e alcune famiglie come quella di Hassan.
C’è qualche cabina, ma loro scelgono di fermarsi nel grosso salone coi finestrini da cui si può vedere bene il mare.

Ed ecco il capitano: è turco; i suoi due marinai sono siriani, il mozzo è afgano. Insieme riescono a spiegare a tutti che ci vorranno almeno tre giorni di navigazione. E li rassicurano sulla scelta del battello su cui si sono imbarcati: è veloce e sicuro, non certo di una di quelle barche che naufragano o rischiano di farlo.
Con dispiacere di Hassan, viene poi proibito a tutti di salire in coperta. L’indomani si parte.

Dai finestrini Hassan osserva finalmente il suo mare, mentre il battello avanza scoprendo all’orizzonte isole lontane; ma non sono ancora quelle la meta del loro viaggio.
Lui trascorre quasi tutto il tempo ad osservare il mare, sempre attaccato a quei vetri da cui può vederlo tutto azzurro, finalmente, proprio come il maestro aveva detto a scuola.
Oggi ha chiesto al mozzo se gli piace il suo lavoro e ha spiegato:
– Anch'io da grande voglio fare il marinaio. Il mare è grande, è bello!

La terza sera il capitano scende coi marinai per avvertire tutti i passeggeri:
– Siamo vicini alla costa, sbarcherete questa notte. Verranno sulla spiaggia a farvi luce coi fari del camion e poi vi porteranno verso il nord. È tutto ben organizzato.

E all’una di notte chiede conferma alla radio:
– Hallo, hallo ... – clic.
– We just arrived … we ready. – clic.
Nessuna risposta ed allora ripete:
– Hallo, hallo ... – clic.
Stavolta, dall’altra parte:
– Aspetta, wait ... wait.
– Yusbih albahr qbyhan (dobbiamo sbarcare adesso)! – grida alla radio il capitano.
– Rrrr … rrrr?
– Hallo, hallo ... – clic.
Finalmente, da qualche parte di là, in terraferma, qualcuno risponde:
– Mimmo, u’ curnutu, ha sbagliato strada ... you must spettà … do you understand?

Scorrono i minuti, tanti minuti: un'ora almeno, mentre il mare diventa sempre più tempestoso. All’interno tutti si aggrappano dove possono.
In cabina il capitano continua a chiamare alla radio:
– Hallo, hallo ... Any lights on the beach … the right landing … where? … Where are you? – clic.
Nessuna risposta.

Le ondate con le creste bianche di schiuma già spazzano la tolda.
– Hallo, hallo ??? Answer! – clic.
– Don’t call essaooesse … Nun chiamà nissuni! ... Go back, go …!
– We have to land! ... We must land now! – clic.
– Gobback, go back ...

Il caiccio è un agile natante, ma è tutto di legno ed ha già i suoi anni. Il vento e le onde gli hanno impedito le giuste manovre. Lo hanno spinto fin troppo a riva, dove i fondali sono bassi, troppo bassi.
Lo schianto è inevitabile: la carena si spezza.
– We sink … we sink … SOS, SOS!
Ogni spazio si allaga rapidamente. Nel terrore tutti gridano, tentano di uscire, si aggrappano, si cercano, si chiamano tra loro.
– Man yastatie alsibahat, yaqfiz alan (chi sa nuotare si butti in mare)! – incitano i marinai.
Rapidamnete il caiccio si sfascia e s'innabissa.
Tra vento, urla, schiuma si consuma l'assurdo disastro.


Gli uomini sono cattivi.
Il mare è buono, grande ed onesto e pian piano rende alla terra le sue cose e le sue creature.

Sulla riva Quelle onde pietose che hanno spinto sino alla spiaggia i pochi che si sono salvati, lentamente ora vi portano anche i tanti che non ce l'hanno fatta.
Tra i rottami e i naufraghi sulla battigia c'è anche il piccolo Hassan.

Le onde ora si sono calmate. Nel loro sciabordio lo accarezzano e gli lavano via sabbia e alghe dal viso e dai capelli.
Le onde sanno quanto lui desiderasse il mare.
Ora che finalmente c’è arrivato, lo vorrebbero felice.
Quasi sembrano chiamarlo:
– Hassss sss ss s … hass ss aa an …
Lui non le può sentire, ma le onde continuano le loro carezze e il loro canto:
– Hass ss aa an … hasss sss ss s …




L'onda accarezza



G.A.

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