Dimenticato

Dimenticato

Pensieri in libertà. Forse un po’ tristi, ma siamo in novembre, il mese dei defunti.


Giorni fa ho visto un ombrello rosso, dimenticato nel portaombrelli di un negozio.
Senza dubbio qualcuno se l'era scordato, perché in quel locale oltre a me in quel momento, non c'era nessun altro. E poi la giornata era serena con un sole splendido in mezzo al cielo.
Ombrello abbandonato Per trovare tempo incerto, con qualche goccia, bisognava risalire a giorni prima, quindi quell'oggetto se ne stava lì da un bel po': davvero assolutamente dimenticato.

È un avvenimento abbastanza banale e frequente, ma anche le cose semplici talvolta possono accendere la fantasia (i neuroni fanno tante nuove sinapsi, dicono gli esperti).
Ed è ciò che m’è successo, infatti, riprendendo la mia strada, ho preso a rifletterci, chiedendomi:
– Perché ci dimentichiamo le cose? Si tratta di un difetto della nostra mente o di un nostro espediente positivo?
E poi mi domandavo anche:
– Non c’è un unico modo o motivo per dimenticare. Quali e quanti sono?
Ad esempio, per il caso dell’ombrello:
– Il proprietario se ne sarà accorto? Lo avrà cercato? Si sarà interrogato su dove poteva averlo lasciato? Oppure, non avendone bisogno, se lo ricorderà soltanto il prossimo giorno di pioggia?

A volte succede proprio così: di certe cose ce ne dimentichiamo completamente, finché non ne abbiamo nuovamente bisogno.

Però non ci si dimentica soltanto delle cose, può avvenire anche con le persone.
Avete certamente sentito raccontare dei casi in cui il guidatore se ne riparte da una stazione di servizio in autostrada, lasciando là la moglie o il figlio.
Che guaio: inversione affannosa al primo casello, recupero del malcapitato e sue giuste rimostranze per chissà quanto tempo a seguire.

Beh, in questi casi, sia per le cose che per le persone, si tratta di dimenticanze per "distrazione".
Ma ce ne sono anche di altro tipo.

Bicicletta abbandonata Un esempio.
Chi una settimana fa ha lasciato una bicicletta da bambino legata a quell’albero?
Tra un po’ la smonteranno a pezzi e lì ci rimarrà soltanto un mesto rottame.

Di certo una bici non è un oggetto che si dimentica casualmente. Se il proprietario l'abbandona a lungo in un posto, o è veramente distratto o lo fa di proposito.
Viene da chiedersi:
– Forse non gli serviva più e aveva deciso di disfarsene? Chissà?
Però, se così fosse, quei genitori avrebbero potuto provvedervi in maniera più civile, portandola alla discarica.
In alternativa, magari voi pensate:
– Forse loro non la vogliono più e l’hanno lasciata lì a disposizione di chi se la voglia prendere.
Sì, potrebbe esserci questo motivo.
Però non ha fatto certamente lo stesso ragionamento quel tale che ha abbandonato il suo materasso sull'aiuola spartitraffico del viale Fulvio Testi!
Sapete che c’è voluta più di una settimana perché l’AMSA venisse a rimuoverlo?

Ahi, ahi, son tante le cose che non funzionano!
Un tempo l'educazione civica la si imparava alla scuola elementare. Ma oggi è lasciata in disparte per fare posto a "orienting", "recitazione" o ad una stentata filastrocca in inglese, modesto obbiettivo di quella materia per l’intero anno scolastico.

Ma torniamo a noi.
Bicicletta e materasso sono casi di dimenticanza "intenzionale" ed anche questa può riguardare sia le cose che le persone.
Pensate al nonnetto novantenne, portato alla casa di riposo.
Magari, inizialmente, quella era stata una scelta giusta, per l'impossibilità di gestirlo da soli adeguatamente.
Ma, dopo i primi tempi, chi lo ha mandato là saprà dedicargli ancora un po’ del proprio tempo ed andarlo a salutare? O gli tornerà più opportuno dimenticarsi di lui che ora sta lontano?
Per fortuna un po' di demenza senile aiuterà il nonnetto a patirne di meno. Ma che tristezza!

Sinora abbiamo visto dei casi di dimenticanza per “distrazione” e di dimenticanza “intenzionale”. Ce n’è di altro tipo?

Sì: dimenticanza per "appassimento".
Cioè, quella che avviene quando mancano le occasioni per tornarci su.
Ovvero, pensate ad un cassetto non più aperto da parecchio tempo, dentro al quale è facile che ci sia anche un oggetto di cui un certo giorno direte:
– Mi ero dimenticato persino di possederlo.
O magari:
– Non mi ricordo nemmeno più a che cosa mi serviva.
Oppure:
– Ora ho altri interessi e quella lì è roba di tempo fa, che ora non uso più.
Però se ti chiedessi:
– Ci sono delle cose di quel tempo che continuano ad interessarti?
Probabilmente diresti:
– Alcune si, ma quest’altra no. Però non la scaccio, non la butto via come la bicicletta di cui si parlava prima. Non mi dà fastidio e la lascio lì nel suo limbo. Tuttavia di lei non me ne importa più davvero, perciò non ci penso.

È chiaro che cosa intendo per dimenticanza per “appassimento”?
Pure questa vale sia per le cose che per le persone.

Funerale Riguardo a queste ultime m’è capitato di recente un caso emblematico.
Passavo per caso davanti al sagrato della chiesa, dove si stava concludendo il funerale di una persona che non conoscevo e a cui do ora un nome di fantasia: Rino.

La cerimonia era terminata e la bara di Rino era appena stata caricata sulla macchina che doveva portarla al camposanto.
Nel mio quartiere c’è l’usanza che al termine di queste tristi cerimonie ci si soffermi attorno al carro funebre per qualche minuto, per rispetto e per un saluto tra i parenti e gli intervenuti.
Ma sapete quante erano le persone uscite dalla chiesa e lì in attesa?
Soltanto due! Probabilmente soltanto due parenti stretti.

Allora è naturale chiedersi:
– Possibile che Rino non avesse nessun’altra conoscenza? Nessuno tra i vicini di casa, gli amici o ex amici, i colleghi o ex colleghi che sentisse il desiderio di dargli il proprio ultimo saluto?

Possibile risposta:
– Forse Rino era un tipo scorbutico, un attaccabrighe, una brutta persona.

Se così fosse, se l’è davvero meritata la vuota conclusione del suo viaggio terreno.
Però, se invece lui è vissuto da persona normale, più o meno come siamo noi, io e te:
– È mai possibile che Rino fosse così trasparente, tanto distante dal resto del mondo, da non destare nel cuore di nessuno il desiderio di un ultimo saluto? Proprio nessuno, nessuno oltre ai due familiari?

Facciamo il parallelo con quando lasciamo appassire i ricordi delle cose:
– Forse per alcuni degli assenti, dei non intervenuti, Rino stava in un cassetto non più aperto da tanto tempo, da così tanto che pian piano si sono dimenticati di lui?
O magari, qualcun altro che non s’è fatto vedere si scuserebbe dicendo:
– Io incontro e vedo tante, mille persone. Tra le mille c’è stato anche Rino, ma non mi ricordo nemmeno più perché ho avuto l’occasione di conoscerlo.
Oppure, più duro ma sincero:
– Ora ho altri impegni e relazioni, quelle di quel tempo adesso non m’interessano più. Sì, mi ricordo ancora di Rino, però di lui non me ne importa davvero più nulla.

Come è brutto appassire, vero?


Appassire ...



G.A.

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