Il Ramo

L'oleandro L'ultima nevicata è stata davvero abbondante ed inattesa.
Anche nel giardino del mio condominio il peso della neve ha piegato e spezzato alcuni alberi.
È successo pure al vecchio oleandro, che s'è ritrovato con un grosso fascio dei suoi bei rami piegato e abbattuto.

I giardinieri sono venuti a rimuoverli dopo alcuni giorni.
Perciò sono rimasti là dove erano caduti per un po’ ed è stato davvero triste vederli abbandonati, inerti nell'erba del prato, trattenuti ancora al tronco soltanto da qualche fibra di legno chiaro.

Ci sono passato accanto più volte e lo scorgerli così malridotti mi ha suggerito questo racconto.


Adesso vi voglio portare in una bella valletta erbosa punteggiata da alcuni alberi. Su, provate ad immaginarvela e lì in mezzo metteteci anche quello di cui sto per parlarvi: un noce. Il noce d'inverno

Siccome siamo in inverno, di certo ora è completamente spoglio, ma in primavera sa diventare un albero bellissimo con lunghi grappoli di semi e, in autunno, sa nutrire coi suoi frutti le piccole creature che vivono tutt’intorno.
Ora però è inverno: quel noce è spoglio e sta riposando in attesa del nuovo risveglio.

Almeno così dovrebbe essere, ma, anche se non te li cerchi, i guai non mancano mai. Che cosa gli è successo?
Purtroppo il forte vento dei giorni scorsi ha spezzato uno dei suoi rami più grossi, che ora gli giace lì a fianco, trattenuto ancora soltanto dalle poche fibre di legno che hanno resistito allo strappo.
La linfa che avrebbe dovuto arrivare in tutti i punti di quel ramo ha perso la sua strada. Non potrà più portare nutrimento ai tralci più piccoli ed ai germogli attesi in primavera.

Quindi, nulla di nuovo potrà più nascervi e tutto ciò che sta o dovrebbe stare su di lui dovrà morire. Non importa se il ramo s’è costruito nel tempo una corteccia robusta per resistere al sole, alla pioggia e alla neve; non importa se negli anni, nelle numerose stagioni passate, ha imparato e appreso tante cose: se le porterà con sé nel nulla che lo attende.

Il vento lo ha staccato quasi completamente e la spaccatura mostra al cielo il legno più chiaro e le fibre scheggiate. Non è risanabile.

Il grosso tronco dell'albero non s’è accorto di nulla e sta continuando il suo sonno, ma quel ramo strappato e ferito s’è risvegliato per il dolore.

Che cosa? Mi dite che le piante non provano dolore?
Ma no, dai, immaginiamo che anche lui abbia un’anima, uno spirito. Non è difficile, su, chiudete gli occhi e seguitemi.
Come potrebbe esser fatta l'anima di quel ramo?
Forse uno spiritello verde, uno gnomo, un folletto?

A me sembra di vedere un esserino triste, lì seduto, rassegnato accanto alla ferita, là dove il ramo s'allacciava al tronco madre.
Il genio del ramo Conosco il suo nome. Quello spirito, quel genietto del ramo ferito, si chiama Nut e si sta guardando attorno sconsolato. Senza la linfa del tronco, tra un po' gli mancheranno le forze, le energie. E già avverte che le sta perdendo, pian piano.

Meno male che ora è arrivato a fargli compagnia, il suo amico Black. È un merlo tutto nero, dal bellissimo becco giallo, che Nut ben conosce, perché tante volte è venuto a posarsi su di lui.

Black gli è amico ed ha capito che il ramo non potrà sopravvivere con quella grossa ferita, tuttavia cerca di consolarlo:
– Dai, può darsi che il piccolo legame al tronco, che ti è rimasto, ti permetta di guarire e di ristabilirti, – gli dice.
– Non credo proprio, mi sento già assai debole. La prossima giornata di sole mi rinsecchirà completamente!
– Magari domani piove, – incalza Black.
– Sì, ma sarebbe soltanto un ritardo di qualche giorno: il mio destino è ormai segnato.
– Vorrei tanto poterti aiutare, caro Nut.
– Allora vorrei che tu mi ricordassi agli altri amici, quando nella prossima primavera saranno qui attorno, come nelle tante stagioni già passate insieme.
– Amico mio, lo farò con piacere e penseremo tutti a te, – conferma immediatamente Black.

Nut ora si zittisce per un attimo, quindi riprende:
– Sai, è davvero una disdetta dover morire d’inverno. È certamente molto meglio farlo in primavera, quando ci sono i fiori sugli alberi e nei prati, quando l’aria è piena di vita: d’insetti, di farfalle e di uccellini che cantano.
– Hai ragione, è una grande tristezza doversene andare senza nessuno accanto, – e Black aggiunge, – proprio ieri, volando in paese, ho visto un funerale degli uomini che mi ha davvero rattristato, perché là, sul sagrato della chiesa, accanto a quel mesto furgone c'era una sola, un'unica persona.
– Vedi? È proprio come per me, ora, che ho qui accanto solamente te, amico mio – si commisera Nut.

Ahimé, s'è rinforzato il vento e, pur se non violento, è sufficiente per allontanare un altro po' il nostro ramo dal suo tronco, quanto basta per spezzare le ultime fibre e distaccarlo completamente.
– Vedi, sono davvero giunto alla fine, – sospira Nut – senza più alcuna speranza, ormai!

Il merlo Black, gli si accosta ancora di più, senza smettere di consolarlo:
– Caro amico, ti abbiamo tutti voluto bene!
– Anch'io a voi ... – e riprende – ti prego, ricordami a Fli e Flu, le stupende farfalle a cui piaceva riposare tra la mie foglie.
– Certamente, lo farò; e parlerò di te anche a Crop, lo scoiattolo furbo e velocissimo, che veniva a cercare le tue noci più grosse e mature.
– Ti prego, quando riprenderanno i loro voli, parla di me alle api laboriose che mi facevano tanta compagnia, portando in giro il polline dei miei fiori.
– Ma certo, ti ricorderò a tutti loro!

Adesso è Black che gli chiede:
– Ascoltami, amico mio, dimmi qualcosa di particolare, con cui ti piacerebbe davvero che tutti noi ci ricordassimo di te.
– Mi piaceva avervi tutti qui intorno, anche semplicemente per guardarvi. Se eravate felici me ne rallegravo anch'io, ma, se eravate tristi, me ne dispiacevo molto dentro di me.
– Sì, Nut, ciò che dici ti corrisponde davvero, perchè tu sei stato sempre amichevole e gentile con tutti noi.

Nut, distratto nei suoi pensieri, rimane in silenzio per un po', finchè si rammenta che Black gli è sempre lì accanto e allora gli dice:
– Adesso mi sento molto stanco, lascia che mi addormenti un poco qui nell'erba, riandando ai miei bei ricordi.
– Sì, riposati pure, io resto ancora con te, non ti lascio solo.

Trascorrono così alcuni minuti, finchè a Black pare di sentire Nut sussurrare:
– Che meraviglia, non è ancora primavera ma già sono arrivate le mie farfalle più belle ...



La valle a primavera



G.A.

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