La Settima Onda

La Settima Onda

"La settima onda" è un titolo molto suggestivo, utilizzato da numerosi scrittori, poeti, musicisti e registi. Non c’è da stupirsi se con questo nome ritroviamo: romanzi, poesie, canzoni e film.
Il mare con le sue onde affascina ed è immediata la metafora con le vicende della vita, dove l'attesa di un’onda più forte delle altre, fa riscontro col timore dell'arrivo di eventi meno belli, più tristi e miserevoli.

Ho anch'io qualche cosetta da dire sulle onde e sulle altalene della vita.


Peccato, quest’estate niente vacanza al mare per me!
Posso andarci soltanto coi ricordi.

Mi è sempre piaciuto guardare le sue onde.
Onde Oceano Da ragazzo, avevo letto che in un'isola del più lontano Oceano Pacifico viveva una comunità di pescatori che aveva un singolare rapporto di conflitto-convivenza con il mare.
Quei pescatori ormeggiavano le loro canoe all'interno della laguna, dove l'acqua era sempre tranquilla, ma per la pesca dovevano uscire a calare le reti in acque più profonde.

Se l'oceano era in burrasca dovevano rinunciarci: le loro piroghe si sarebbero subito rovesciate.
Però, anche quando il mare era tranquillo, sulla costa di quell'isola c'erano sempre grosse onde. Ma avevano una regola, tramandata e confermata dalla loro esperienza: "ogni sette onde se ne presentava una più grande e più violenta delle altre".
Di conseguenza, quando dovevano uscire dalla laguna in mare per la pesca, osservavano come si ripetevano e, riconosciuta la settima, remavano immediatamente e velocemente verso il largo, approfittando di quel momento meno pericoloso, per allontanarsi dalla riva e andare dove l’oceano era più tranquillo.

Questo racconto m’aveva colpito e anch'io, da ragazzo, mi soffermavo spesso a guardare le onde in arrivo sulla spiaggia, cercando di riconoscere se, nel loro continuo susseguirsi, c'era qualche ritmo, qualche ripetitività.
In particolare, quando il mare era molto mosso ed era bellissimo per me fare il bagno, io mi sforzavo di indovinare, contandole, il momento dell'onda più grossa.
Talvolta c'era una certa frequenza, che, se non era di sette, era di cinque o di nove onde abbastanza regolari e poi quella più forte.
O erano soltanto mie illusioni?

Il mare mosso non mi faceva assolutamente paura, nonostante la bandierina rossa innalzata dal bagnino. Ero molto (forse troppo) confidente nelle mie capacità di nuotatore per preoccuparmene e poi: che cosa ci può mai essere di più entusiasmante di confrontarsi con le onde!

Onde Era stupendo lasciare avvicinare quella più grossa per poi tuffarmi nella sua cresta più alta: giusto là, dove l'onda diventava una parete, una lastra verde-azzurra trasparente, prima di infrangersi in mille schizzi di schiuma, turbini e vortici.

Che soddisfazione!
Per me era come se l'onda si fosse disfatta per merito mio, invece che per la risalita del fondo presso alla riva.

Beh, questo era un mio primo metodo di relazionarmi con l’onda, quello di "trattarla a schiaffi".
Io mi facevo beffe della sua bellezza e maestosità. La irritavo e lei si scompigliava, andava tutta sottosopra. Se avesse avuto la voce m’avrebbe senz’altro gridato:
– Brutto marrano, come osi trattare Me, regina del mare, con cotanta villania!

Ma avevo anche un altro metodo per ragguagliarmi con Sua Maestà, la regina.
Per realizzarlo dovevo spostarmi un po' più al largo, più lontano dalla riva, là dove le onde erano ancora colline tondeggianti, senza schiuma o soltanto con qualche timida cresta bianca.
Una volta scoperto che era in arrivo quella più maestosa, dovevo "prenderla per i capelli", cioè: mettermi subito sulla sua cima, dentro alla sua forza e lasciarmi trascinare su quella cresta, per metri e metri, finché l’onda s'annullava in mille turbini di schiuma.

Stupendo!
Era come montare una cavalla selvaggia, aggrappato alla sua criniera, mentre lei si ribellava schizzando da ogni parte:
– Bel cavaliere, non riuscirai a domarmi, io ti disarcionerò!

Così mi divertivo io.

Se c'erano altri bagnanti coraggiosi, nonostante la bandierina rossa, loro se ne restavano invece accanto alla riva, sguazzando nell'acqua e nella schiuma, sopportando tutto quello che arrivava, aspettando che finisse il turbinio del momento, per subire poi quello che sarebbe nuovamente arrivato a breve.
Questo lo chiamerei: metodo del “lascia che sia”.

Amico lettore, tutto questo avviene anche nel mare della nostra vita, della mia, della tua.

A che ondata ti trovi ora? Alla quinta? Alla sesta?
E se quella adesso in arrivo fosse la settima, che cosa farai?
La prenderai a schiaffi, per dimostrarle che non la temi e che vincerai tu?
O la prenderai per i capelli, perché lei diventi una forza che ti aiuti ad andare più avanti?
Oppure, rassegnato, aspetterai che consumi tutto il turbine che ha dentro, sopportandolo, in attesa che si esaurisca, e seguirai il metodo del lascia che sia?    Let it be?



Mare calmo



G.A.

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