L’Omino Verdino

L’Omino Verdino

Da alcuni giorni avevo in mente un'ideuccia per questo racconto, ma non riuscivo a concluderlo.
Però oggi, mentre me ne stavo mezzo stordito sotto alla Risonanza Magnetica (perché anch'io ho i miei acciacchi), ho fantasticato un po’ di più.
Ecco il risultato.


Che strano quell'ometto che ogni mattina esce di casa nel suo cappottino verde scuro di stile un po’ antiquato.
Sul capo, ben calato, porta un cappelluccio marrone, pure quello fuori moda.
Ma, in fondo, anche lui, con tutti gli anni che ha sulle spalle, pure lui è fuori moda.

L'Omino si muove rasentando i muri e svolta costeggiando di netto gli angoli delle case. Sembra quasi che voglia farsi ancor più piccino di quanto già non sia.
Se tu lo incontrassi incuriosirebbe anche te. Se poi ti capitasse di tornare a rivederlo domani e dopodomani, ne saresti ancor più incuriosito. Perché lo troveresti sempre identico, sempre uguale, sempre poco importante, sempre poco in tutto.

Ma è appunto questo suo "esser poco" che mi attrae e mi rende curioso.
Dai, ora provo a seguirlo; controllo dove è diretto, dove va e che cosa va a fare, sempre alla stessa ora, sempre così uguale, nel suo cappottino verdino!

L'Omino Verdino Detto e fatto: mi son messo nella sua scia, pochi passi dietro di lui. Cerco di non farmi notare e lo seguo.

L'Omino Verdino s'è fermato all'edicola della piazza, ha acquistato un quotidiano, se l'è messo sotto al braccio ed ha ripreso il suo cammino.
Procede con passo regolare; ogni tanto consulta l'orologio, ma poi prosegue senza affrettarsi. Non è assolutamente in ritardo per il luogo dove vuole arrivare.
Quale sarà mai la sua destinazione?

Adesso l’ho capito: deve andare in banca.
Non però in una filiale qualunque, ma proprio nella Sede Centrale.
Ora l'Omino Verdino c’è arrivato e sta per entrarci, ma non dall'ingresso dei clienti, bensì da quello degli impiegati.
Ah, ecco che cosa fa, finalmente l’ho scoperto: lui lavora in questa banca.

Per continuare a seguirlo lì dentro, dovrei diventare invisibile.
Dai, per oggi me lo concedo: pluff ... ecco fatto!
Prendo con lui l'ascensore; intendo andargli dietro fin nel suo ufficio.
Ma che ... caspita!    Ci siamo fermati al piano della Direzione e scendiamo.
Lui si sta dirigendo senza esitare verso l’ufficio più lussuoso, quello presidenziale.
Cavolo: chi l'avrebbe mai detto!    È lui il direttore della banca?

Che faccio ora: entro con lui?    Sì, sì.
Wow, che splendido quest’ufficio!
Ma come può essere?    Qui dentro c’è gia un altro seduto alla super-scrivania di Direttore Generale, proprio il tipo giusto per quel ruolo: emblematico, autorevole, immerso a sfogliare, autorizzare e firmare quella pila di documenti che ha davanti.

È strano: non ha fatto caso all’ingresso dell'Omino Verdino, come se non l’avesse visto; è vero che non ha neppure scorto me, ma io sono invisibile.
L'Omino ora s’è accomodato in una poltrona in un angolino di quel grande ufficio, ha aperto il suo giornale e se lo sta leggendo e sfogliando tranquillamente.

È molto lussuoso tutto quello che c'è qui dentro; l’arredamento, le luci, i quadri alle pareti.
Alla mia destra c’è una grande foto con un folto gruppo di dipendenti della banca.
Mi avvicino per accertarmene e m’incuriosisce: mi sembra di riconoscerne qualcuno.
Ci credereste?    Proprio al centro, lì nel bel mezzo e in pompa magna ci sta l’Omino Verdino. È un po’ più giovane di come è adesso, infatti la didascalia recita: 2015.
M'è tutto chiaro: lui ora è in pensione, ma cinque anni fa era il Direttore! E a leggere gli apprezzamenti sotto al quadro, pare che sia stato davvero un grande, abile manager.

Mi piacerebbe averne una conferma diretta e sapere che cosa lui ci fa qui adesso.    Ma come faccio?
Dovrei togliermi un po’ della mia trasparenza.    Bene, ma appena di un poco, perché quell’altro alla scrivania laggiù non deve scorgermi: fatto.

Sfioro il braccio all’Omino Verdino e gli chiedo:
– Scusi la sto osservando, ho capito che lei è un ex-direttore di questa banca; perdoni il mio interesse, vorrei sapere che cosa viene a fare di nascosto qui ogni giorno, dato che adesso lei non ci lavora più?

L'Omino alza gli occhi dal giornale e mi scruta incuriosito:
– Amico mio, la vedo un po’ trasparente. Io lo sono completamente: ha forse anche lei un po' della patologia di cui soffro io?
– No, non ho malattie. Di che cosa soffre lei?
– Io soffro di nostalgia, di ricordi. Dopo essere andato in pensione mi son sentito vuoto, smarrito, senza più casa e appartenenza. Così ho bisogno di tornar qui, ma non lo faccio di persona, solo con la mia fantasia.
– Quindi, lei adesso è da qualche altra parte ed è qui invisibile, presente solo con la mente?
– Proprio così. E se lei mi vede vuol dire che anche lei sa fantasticare e muoversi nella dimensione dei pensieri, delle nostalgie, dei ricordi.
– Sì, un po' lo faccio, però non è molto saggio tuffarsi troppo nel passato a scapito del presente.    Anche l’oggi e il domani fanno parte della vita.
– È vero, la nostalgia può diventare una malattia, ma lo diventa quando è un rimpianto. Invece, se ricordare le cose belle del passato ci procura gioia e serenità, diventa uno stimolo vitale. Infatti, per un paio d’ore io rifugio qui i miei pensieri, ricarico le mie batterie e poi, per tutto il resto della giornata, ho la forza per sopportare i guai, gli acciacchi e qualunque cosa storta che mi possa capitare.
– Ah, molto bene, molto saggio.
– Ci provi anche lei.
– Grazie.    Le auguro di fare una buona provvista di bei ricordi, perchè il suo oggi scorra lieto e sereno!



Forza



G.A.

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