In Cima

In cima al palazzo più alto di Milano, in piazza Gae Aulenti, abita qualcuno.
Sì: qualcuno s'è comperato tutta la guglia e vive lassù.


La parete esterna è argentea, di metallo, così pure la porta.
Non c’è né citofono, né campanello, allora: toc, toc …
Skyline Milano – Mi scusi signor Greg, sono Linda Brevi del “Lombardia News”. Sono qui per intervistarla, come ieri le avevo accennato.
Passano alcuni secondi senza risposta.
– Per cortesia mi apra, non vorrei dover rifare tutta questa salita un’altra volta.
Lui finalmente ora le apre la porta:
– Ecco, l'aspettavo, ma ero distante, mi scusi.

Greg le fa attraversare un'anticamera abbellita da eleganti sculture e importanti quadri d'autore, quindi fa accomodare la giornalista in un bel salone, arredato modernamente e con buon gusto.
Si siedono ad una scrivania, l’una di fronte all'altro.
Lui ha alle spalle una grande vetrata da cui si gode la veduta spettacolare di tutti i tetti della città sullo sfondo della campagna e dei monti, fin dove la foschia permette di intravederli.
Anche per Linda, pur se si trova seduta un po' distante, è davvero un panorama mozzafiato.

Appena il tempo di accomodarsi ed ecco entrare una segretaria. Sembra uscita da un film americano: bionda platino, tacchi altissimi e tailleur azzurro, impeccabile.
– Gradite un caffé, prima di incominciare? – chiede con voce appena sussurrata.
– Oh, grazie, lo prenderei volentieri, – conferma Linda.
Sta finendo ancora di sorbirlo, ma già apre il suo taccuino, accende un piccolo registratore ed inizia con le domande:
– Mi parli di lei, chiarisca ai lettori perché se ne resta quassù, in un luogo che, pur se bello, è molto diverso da una normale abitazione. E ci dica che cosa la spinge a farlo.

Greg inizia a raccontare:
– Mi è sempre piaciuta l'altezza, fin da quando ho mosso i primi passi e mi son guardato attorno. Era più forte di me andarmene per la strada sempre col naso in aria, guardando in su ed inciampando di qua e di là.
– Mi pare che lei non abbia trascorso l'infanzia a Milano.
– È vero, da ragazzo abitavo in campagna, in Brianza, in un paesello con un bel campanile. Quella torre mi affascinava e mi chiedevo come avessero potuto costruire una scala dentro a quel piccolo spazio. Mi ripromettevo che un giorno o l'altro sarei salito fino alla cima, ma – ammette lui sorridendo, – il campanaro, avendo capito dove miravo, m'ha sempre tenuto d'occhio.
In quel paese ho fatto le scuole elementari e le medie e, in giusto accordo col mio amore per l'altezza, son sempre stato il più alto della mia classe.

Per Linda è ovvio ora chiedergli:
– Quando s’è trasferito a Milano?
– Avevo quasi quindici anni. Fin da subito la città mi ha entusiasmato; gli edifici erano molto, molto più alti di quelli del mio paese e proprio in quel periodo iniziavano a costruire dei veri grattacieli. Dapprima quello in piazza della Repubblica, poi hanno tirato su la torre Velasca, poi il grattacielo Pirelli e poi ... e poi gli altri ancora.
Di fronte a quelle costruzioni, così diritte verso il cielo, sognavo di poter vivere lassù, sulla loro cima. E come vede, ci sono riuscito!

La giornalista commenta:
L'intervista – Insomma: una vera passione per l'altezza, la sua.
– Esatto! E allora può comprendere come dal mio interesse per ciò che è alto, sia poi nato quello per il cielo e per la meteorologia.

Linda conferma:
– E’ vero, mi risulta che, prima di dedicarsi all’economia, lei sia stato un buon meteorologo.
– Giusto, ho incominciato proprio in quel campo. Ma per dedicarsi alla meteorologia occorre saper maneggiare numeri e numeri, perciò prima ho dovuto studiare e laurearmi in matematica.

Greg s'interrompe, per un attimo i ricordi l'han distratto dal filo del discorso, ma ecco che lo riprende subito:
– Per certe cose occorre però una matematica particolare. Mi riferisco a quella che studia i fenomeni dove sono tante, tante e fin troppe le condizioni, le variabili di cui tenere conto. Allora son necessari calcoli difficili anche per i super-computer più potenti di oggi. Si tratta di fenomeni con correlazioni incredibili tra cause ed effetti, difficili da concepire, come ben si riassumono dicendo "effetto farfalla".
– Per cortesia, per i nostri lettori meno esperti, può chiarire di che cosa si tratta?
– Ecco, é la sintesi della famosa frase: "un battito d'ali di farfalla in una foresta del Brasile, può essere la causa di un tornado in un'altra parte del mondo".
– Ah!
– Dunque: correlazioni inconcepibili. Perciò non c'è da meravigliarsi se alla scienza, alla matematica di questi fenomeni viene dato il nome di "teoria del caos".

Linda adesso interviene:
– Affascinante, però nella pratica, nella meteorologia corrente, non si fanno quei calcoli. La previsione si fa comparando le rilevazioni di oggi con quelle del passato e si cercano situazioni simili, per ipotizzare che si ripetano.
– Esatto, ed io ho incominciato proprio così. Finché, un giorno mi sono accorto che dovevo avere "io" qualcosa di particolare, ovvero: un extra-aiuto dentro di me.
– Mi dica. Interessa ai nostri lettori. Ci spieghi di che si tratta.
– Beh, si tratta del fatto che io non ho bisogno della matematica del caos e tanto meno della statistica. Perché “io” il tempo lo sento, lo indovino: io lo annuso.
– Eh ... ma come! Lei lo annusa? – ribatte Linda, scettica.
– Sì, più o meno, – conferma Greg, – forse dentro di me, nelle pieghe del mio cervello, ho un super-computer, ma ben più potente di quelli dei laboratori. Perché, sta di fatto che mi risolve in pochi istanti anche gli algoritmi complicatissimi che governano i fenomeni caotici.

Linda commenta:
– Se lei è in grado di queste performance eccezionali, chissà quante invidie e sgambetti da parte degli scienziati suoi rivali!
– Già, ed è appunto per liberarmene che ben presto ho abbandonato la meteorologia per dedicarmi ad altro.
– Allora è passato all'economia, vero?
– Proprio così. Perchè, in fondo, non c'è molta differenza: meteorologia ed economia sono entrambe avvenimenti governati da sistemi caotici. E poi ci sono altri parallelismi.

La giornalista domanda:
– Me li può chiarire, per favore?
– Come i venti spingono le masse d'aria calda e fredda da una regione all'altra del pianeta, così le forze dei mercati spingono e smuovono le masse di denaro.
Cioè, anche nell'economia ci sono i venti: da una nazione ad un'altra, da quest'area economica ad un'altra. Le pressioni finanziarie, le speculazioni dei grandi gruppi, le differenze di spread creano delle correnti monetarie in una o un'altra direzione.
Le perturbazioni economiche e quelle meteorologiche alla fin fine non differiscono di granché e si comportano analogamente.

Linda ammette e commenta:
– Se lei è diventato tanto ricco, vuol dire che ha saputo muoversi bene anche nel "sistema caotico" dell'economia.
– Proprio così. Mi sono destreggiato senza difficoltà, perché quello stesso mio extra-senso che mi risolveva i fenomeni atmosferici, si è rivelato sensibile anche per gli investimenti finanziari.
– Tutti pensano, signor Greg, che il suo successo dipenda da chissà quali strategie segrete.
– Ma no, assolutamente! Mi creda: nessuna strategia. Io esco qui sul terrazzo della mia guglia, annuso l'aria, me ne riempio i polmoni e, chissà come: "catturo l'odore dei soldi".
– Ah ...
– Proprio così. Capto i venti che soffiano tra i mercati, tra le basse e le alte pressioni economiche e il super-computer interno al mio cervello mi dà regole aggiornate da seguire. Ed io così faccio per me e per le società che io assisto. Nessun altro segreto o strategia.

Greg ora si guarda l’orologio.
Linda comprende che è arrivato il momento di congedarsi.
Spegne il registratore e richiude il suo taccuino, ma poi:
– Se me lo concede, avrei un'ultima domanda e, come vede, a microfono spento.
– Prego, chieda pure.
– Me lo confessi sinceramente: lei, che ora è ricco, affermato e che adesso può vivere nella casa più alta ed esclusiva di Milano, è davvero felice?
– Carissima, non mi è difficile confermare ciò che lei probabilmente pensa.
Ora sono ricco, sono arrivato là dove volevo arrivare ed ho tutto quello che desideravo, ma, certamente, ero più felice quando guardavo dal basso i grattacieli o la cima del campanile del mio paese e ... sognavo.
Però non erano sogni di adulto, cioè sogni limitati, condizionati o mortificati dalla realtà vissuta, ma sogni di ragazzo: sogni liberi, senza confini.
Sì, allora era davvero bello sognare!



Il campanile



G.A.

Ritorno all'Archivio dei Racconti     Ritorno alla Selezione dei Racconti



© Copyright Giorgio Altichieri – 08/2019 Tutti i diritti riservati.