La Panchina

Conoscete il giardinetto tra via Lario e via Thaon di Revel?


Mi presento: ciao a tutti, io sono una panchina.
L'assessore al verde pubblico del comune di Milano mi ha collocata in un piccolo giardinetto con altre poche colleghe. Non è un grande spazio, ma fa parte di un quartiere animato e frequentato: il quartiere Isola.
È una zona ricca di ritrovi, pizzerie e ristoranti, così qui attorno c'è sempre tanta gente in giro.
È bello poter dare un po' di riposo a chi si è stancato di camminare. Chi mi utilizza lo fa gratis, senza spendere neppure un centesimo. Sono contenta d'essere quello che sono.

Un tempo io non esistevo, non ero qui, ma non c'era neppure il giardino qui attorno. Infatti, in questo angolo del quartiere c'era una vecchia casa, coi muri vecchi e scrostati, rimasta coraggiosamente in piedi tra edifici più grandi e recenti. Quando il proprietario ha ceduto un pezzo del terreno al comune, in cambio ha ottenuto la licenza per costruirci un caseggiato nuovo, pur se più piccolo.
Il comune, nel proprio pezzo, ha ricavato uno spazio verde: un piccolo giardino. Qui, ha mantenuto una vecchia pianta centenaria, ha impiantando alberi nuovi, creato delle aiuole con vialetti e una decina di panchine. Ecco, io sono appunto una di loro.

La panchina Un paio d'anni fa il comune ha aggiunto qui, come in altri punti del quartiere Isola, una struttura con mensole e sedili in legno lucido e plastica di un bel color lilla. È roba moderna, quindi dovrebbe essere migliore di me, ma non so se, per inesperienza o noncuranza di qualche responsabile comunale, la vernice è venuta via già dopo pochi mesi e il legno, brutto e stinto, si va sempre più sbriciolando alle intemperie: resterà soltanto la plastica. Farsela rifare o rimborsare? Poco probabile ... so come va il mondo!
Vuoi mettere invece il materiale di cui son fatta io! Legno solido e stagionato, vernice verde, adatta al sole e alla pioggia, e robusti bulloni di ferro. Io sì che sono un giusto arredo del quartiere!

E ci sarebbero anche altre cose di cui lamentarsi. Ad esempio, al mattino gli spazzini con la loro macchina lava-strada fanno un po’ di toelette a questo spazio, ma non sono sempre ben attenti. Dove arriva la macchina, va bene, ma dove ci sarebbe da far più fatica, cioè a mano con scopa o rastrello, loro fan volentieri finta di non vedere. Così tra l'erba delle aiuole rimane sempre qualche cartaccia o lattina.
Che peccato che non ci sia chi controlli come vien fatto ciò per cui i cittadini pagano le tasse!

Ma veniamo a cose più gradevoli: da qui io vedo e sento tante cose.
Ah, quanto a sentire sono proprio nel posto giusto.
Oltre a coloro, di solito anziani, che se la raccontano mentre si riposano, ci sono tanti che approfittano dell'ombra e della comodità che io offro per telefonare a questo o a quello. Così, qui, io sento parlare di un po' di tutto: affari e lavoro, chiacchiere tra amici, tenerezze tra innamorati e tante sciocchezze, quelle che si dicono tanto per far passare un po' di tempo.
Ho imparato varie lingue, perché sono molti gli stranieri: ucraini, peruviani, arabi, senegalesi e pure cinesi e altri sud asiatici.

C'è anche il Wi-Fi free e molti ne approfittano per guardarsi qualche sketch o ascoltare musica al telefonino.
Mi piace quando qualche anziano al mattino si siede da me per leggere il giornale. Pure bello è se qualche badante porta qui il suo assistito a godersi un po' di verde e di sole.
Però il più bello è se arriva una mamma o nonna con figlioli o nipotini, cosa che può accadere nel tardo pomeriggio, quando ormai l'ombra mi copre e dà il suo bel fresco ristoratore.

Dopo una certa ora, purtroppo avvengono cose meno piacevoli.
Non parlo dei poveracci che, nelle stagioni meno fredde, si mettono lunghi distesi su di noi panchine, per passare qui la notte.
Parlo invece delle brutte manovre di qualche tristo spacciatore, che, appena arriva un suo disperato cliente, manda la staffetta in bicicletta e recuperare la roba nascosta sotto a qualche auto o in qualche cestino, nelle vie qui attorno.
Mi chiedo se ci siano città dove queste cose non avvengano o se ci si debba proprio rassegnare.

Beh, sta arrivando un signore con una borsa abbastanza pesante. Forse è in anticipo per il suo appuntamento. Lui è affaticato e io sono accogliente, qui all'ombra.
Faccio proprio al caso suo.
Proprio così: scusate vi devo lasciare.



Il giardino



G.A.

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