L’ Ascensore

L’ Ascensore

Quali stranezze, inconvenienti o guai possono accaderti quando stai per prendere l'ascensore di casa?
Potrebbe capitarti che non funzioni. Purtroppo avviene spesso, almeno così è per me.
Oppure: può essere che sia fermo all'ultimo piano e che non si riesca a smuoverlo da lassù, a meno che qualche volonteroso non salga a piedi per riavviarlo dall'interno.
Sono cose che succedono. Probabilmente sono capitate anche a te.
Ci potrebbero essere, però, altre situazioni più fantasiose. Dai: proviamo ad immaginarle!

Ad esempio: entri nell'ascensore e sulla pulsantiera, al posto dei numeri dei piani, ci trovi dei caratteri strani, tipo ideogrammi cinesi o geroglifici. Beh, poco male: è facile risolverlo contando, in ordine, i bottoni.
Altro caso: entri e trovi che un ascensorista distratto o buontempone ha messo in disordine gli allacciamenti dei pulsanti; così, adesso, quello del quarto piano porta al secondo e schiacciando il 3 vai all'ottavo. Per poter tornare a casa tua potrebbe essere necessario provarli tutti.
Ma c'è un caso, ancor più sfortunato: stai per premere il bottone del tuo piano, ma ti accorgi che manca. Tutti gli altri ci sono, ma non esiste più quello di casa tua!

Vi sembrano cose abbastanza surreali e fantasiose? Sì ... no?
Beh, allora state un po' a sentire quest'altra situazione che ora vi racconto.


È lunedì sera, il primo giorno di una nuova settimana di lavoro.
Phil finalmente sta rientrando a casa: è stata una giornata molto intensa.
Dopo cena sarebbe prevista un'assemblea condominiale, ma lui si sente troppo stanco per parteciparvi. Il lavoro è stato davvero faticoso e non ha neppure digerito bene il pranzo di mezzogiorno. Ha bisogno di riposarsi.
Ascensore Aspetta l'ascensore, che per fortuna arriva subito. A quell'ora tarda, chi resta in casa ormai è già dentro e chi passa la serata fuori è già uscito.

Entrato in cabina, Phil schiaccia meccanicamente il bottone del suo piano: il quarto.
Avverte un po' di capogiro, mentre, sopra pensiero, ascolta i piccoli rumori che accompagnano la salita e lo scorrere monotono dei piani: tan, ... tan ...

C'è qualcosa che gli ronza fastidiosamente in testa: quasi come fosse una piuma che gli svolazza davanti al naso e che lo invita a farsi acchiappare.
In effetti, poco fa aveva colto un'immagine a cui non aveva dato importanza. Ma quel flash vuol venir fuori, vuole farsi ascoltare. Bussa e ribussa nei suoi pensieri, finché Phil torna a posare lo sguardo sulla bottoniera dei piani:
– Che diamine, c'è un bottone col numero 9!     È impossibile: i piani di questa casa sono soltanto otto!
Ma ormai è arrivato al suo pianerottolo. È stanco e richiude dietro di sé l'uscio di casa, per godersi la compagnia della sua famiglia, lasciando là di fuori tutti i pensieri, belli e brutti che siano.

Arriva l’indomani. Al mattino, in discesa, Phil è abituato a non usare l'ascensore, ma le scale e così fa pure stavolta. Però, arrivato sul marciapiede, gli viene spontaneo di voltarsi per gettare lo sguardo in su, alla facciata del condominio, ubbidendo ad un stimolo inconscio:
– Sì, i piani sono sempre soltanto otto! – si dice dentro di sé, sorridendo per quel dubbio assurdo, a cui aveva ceduto per un attimo, senza volerlo.

Ed eccolo adesso al suoi rientro, quella stessa sera di martedì.
Una volta entrato nell’ascensore, Phil esclama stupito:
– Allora non m‘ero sbagliato! Qualcuno ha aggiunto qui sopra un tasto col nono piano, che però non esiste!     Forse hanno montato questa pulsantiera perché non avevano quella giusta. Domani telefono all’amministratore per sollecitargli la sistemazione.

Ed ecco, ora Phil mentre sta giusto telefonandogli. Quell'ufficio amministra parecchi condominii e l'impiegato non ha ben presente quello di cui Phil parla. Si scusa, promette di verificare e poi di farsi sentire.
Cosa che fa davvero poco dopo:
– Mi perdoni, ma qui risulta che il suo condominio ha nove piani, non otto come lei mi dice.
– Ma forse lei si confonde. Controlli bene: io le parlo di quello piazza Sebino 4; è una casa che ha soltanto otto piani.

L'impiegato dello studio d'amministrazione prende a scartabellare sui suoi registri. Attraverso il telefono Phil sente il fruscio dei fogli tra cui sta rovistando e poi un ticchettio, inconfondibile, al computer, finché l'altro torna a farsi sentire:
– Ma davvero, mi scusi se insisto, ho ricontrollato per bene: il suo condominio ha, ed ha sempre avuto, nove piani! Così qui risulta incontestabilmente.
– Ma non è possibile, – balbetta Phil, un po’ seccato.
– Per cortesia, – aggiunge l'impiegato, che sta pensando a qualche malessere o demenza dell'interlocutore, – ne parli con un altro inquilino dello stabile o, meglio, con qualche suo conoscente. Mi perdoni, ma ora devo salutarla.

Anche quella sera finalmente è arrivata e Phil sta rientrando a casa.
È ancora irritato per non essere riuscito con la telefonata allo studio dell’amministratore ad avere la soddisfazione che s'aspettava.
Infatti, entrato in ascensore non può che costatare che tutto è rimasto come la sera prima:
– Che pazienza bisogna avere a ‘sto mondo! – sospira tra di sé.
Già sta per premere il tasto del suo piano, quand'ecco che s'accorge che lì di fuori c'è un’altra persona che vorrebbe salire. Allora riapre la cabina ed invita quell’uomo ad entrare e a salire con lui.

L'altro lo ringrazia per la cortesia.
Pur se gli sembra una faccia familiare, Phil è certo di non averlo mai visto. Perciò si fa scrupolo e desiste dal fare commenti sui disguidi del condominio.
Gli chiede invece, semplicemente:
– Lei, a che piano deve andare?
– Vado al nono, come sempre, grazie, – è la risposta dell'altro, che subito aggiunge, – tocca prima a lei.
Ed essendo più vicino alla pulsantiera, gli preme direttamente il pulsante del quarto piano, lasciando Phil, doppiamente, senza parole.

Entrato in casa, Phil comincia a chiedersi, allarmato, se gli stia accadendo qualche malanno:
– Come può essere che quell'uomo mi conosca e conosca il mio piano, mentre io non mi ricordo affatto di lui? E come posso io sbagliarmi sul numero di piani della casa?
Non è che sto uscendo di senno? – si chiede, preoccupatissimo, – devo proprio farmi visitare!

È così rattristato che non ha neppure voglia di chiacchierare in famiglia e distrarsi un po'. Dopo aver salutato moglie e figli, si siede in salotto a rimuginare.
Pensa e ripensa, finché poi decide:
– Ecco, ora riprendo l'ascensore a vado subito a vedere se esiste e che cosa c'è al nono piano!
Così fa davvero. Chiama l'ascensore e, abbastanza turbato, schiaccia quell’assurdo bottone: quello col numero 9!

La cabina inizia a salire ed ecco che scorrono i piani: il quinto, il sesto, il settimo e l’ottavo. Ma non si ferma, ce n’è ancora uno ed è là che l’ascensore s’arresta.
– Allora il nono piano esiste davvero! – deve ammettere Phil.
Esce sul pianerottolo, che appare molto più piccolo degli altri:
– Ah, ecco perché non si vede dalla strada, – commenta, – questo piano non occupa tutta la larghezza della casa ed è arretrato rispetto alla facciata.     Però, chissà perché non ne ho mai sentito parlare.

Al piano 9 Da quel piccolo spazio si accede ad un unico appartamento. Sull'uscio non c’è il campanello, ma solo una targhetta e Phil legge quel nome:
– Accidenti, ho un omonimo. Qui abita uno che si chiama come me!
Sarà il signore che ho visto salire stasera, – si dice, – ora m'invento qualche scusa e gli parlo un poco.

Phil prova a bussare. La porta, soltanto accostata, si schiude da sola, mentre una voce da dentro lo invita:
– Entra pure, stasera ho lasciato aperto per te.
– Permesso? – accenna lui sempre più sorpreso, facendo un passo verso l'interno, – sono venuto a scusarmi perché, poco fa, in ascensore, ero soprappensiero e non l'avevo riconosciuta.
– Ma, amico mio, è naturale che tu non mi riconosca, pur se noi due abitiamo insieme, – gli ribatte l'altro, avvicinandosi e sorridendo.

Dato che il padrone di casa insiste nel dargli del "tu", Phil si adegua:
– Mi spiace, torno a chiederti scusa.
Al che l'altro riprende:
– Siamo sì nella stessa casa, ma abbiamo regole diverse.
– Quali regole, non capisco, – balbetta Phil.
– Io vivo accanto a te, o meglio, insieme a te, ma non sono molto visibile.
– Perché, forse perché viaggi parecchio?
– Ma no, non vedi come ti assomiglio?     Non l'hai ancora capito: io sono il tuo “io nascosto”!     Tu sei venuto a trovarmi proprio qui dove abito.      Questo è il piano del tuo “inconscio”.

Phil è rimasto senza parole, sbalordito, ma l'altro lo prende sottobraccio per fargli visitare l’appartamento:
– Ecco, laggiù c'è la stanza dei “ricordi lontani”, delle memorie dell'infanzia e di tutte quelle che non ti tornano più in mente.     Sono tantissime e tutte loro influenzano i tuoi pensieri senza che tu te ne accorga.
La visita continua, percorrono un breve corridoio e, quando si fermano, gli spiega:
– E qui di fronte c'è la stanza delle “emozioni nascoste”.      Non te ne rendi conto, ma anche loro, senza che tu lo voglia, condizionano il tuo carattere e la tua personalità.
E c'é ancora un uscio:
– Ecco qua, infine, la porta dei “desideri segreti", quelli ignoti anche a te stesso.      Se ti capita di chiederti perchè mai hai preso questa o quella decisione, pur se estranea al tuo normale modo d'agire, di certo c'é stato qualche tuo desidero segreto a guidarti nella scelta.

Phil lo ha seguito ed ascoltato esterrefatto, ma ciò che ha sentito, pur se incredibile, lo lascia incuriosito:
– Mi potresti aprire le porte di queste stanze?     Vorrei tanto scoprire qualcosa di ciò che tieni qui racchiuso.
– Mi spiace Phil, non posso. La ricerca dentro al tuo inconscio la puoi fare soltanto tu. Devi aspettare i momenti favorevoli, quando hai la mente sgombra e la lasci fantasticare. O anche: quando sogni, perché dormi o ti hanno ipnotizzato o perché, come adesso, ... sei svenuto ...

Avete voi presente quando s’interrompe un canale sulla TV: lo schermo si riempie di righe e sfarfalla e poi appare un'immagine del tutto diversa?
Sta succedendo qualcosa del genere, perché attorno a Phil qualcosa cambia improvvisamente. Non si trova più dentro ad un appartamento, ma dentro ad un piccolo, scomodo spazio: la cabina dell'ascensore in discesa.

Scende, scende, finché si ferma al piano terra. La porta si apre ed ecco, subito, una voce allarmata, una voce femminile:
– Signore, signor Phil, cosa fa seduto sul tappeto?     Come sta ... si sente bene?     Non è che è svenuto qui in cabina?
È la signora Bruni, l'inquilina che abita sotto di lui.
– Mi scusi, devo aver avuto un piccolo capogiro. Ma ora sto bene. È soltanto stanchezza, – dice Phil, rimettendosi frettolosamente in piedi.
– Ma veramente? Vuole che chiami qualcuno?
– No, non ce n'è bisogno, grazie.     Ora sto bene, saliamo pure, – dice deciso, premendo il bottone del terzo piano, quello della signora.

Quando l'ascensore si ferma, mentre Phil la saluta, lei gli chiede:
– Allora, ci vediamo alla riunione di condominio di stasera?
– Stasera? Ma non è già stata qualche giorno fa?
– No signor Phil, la convocazione è per oggi, lunedì.
– Ah, ... lunedì.     È vero: oggi è lunedì.     Nei miei pensieri sono corso un po' avanti ...

L’ascensore si richiude.
Mentre preme il tasto del suo piano, Phil non desiste dal contarli tutti: sì, adesso sono soltanto otto!





Otto piani





G.A.

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