Referendum


Andrai tu a votare per i referendum?
Un buon cittadino dovrebbe farlo, ma anche l'astensionismo è ammesso dalla costituzione.
Purtroppo l'astensionismo per scelta si somma a quello di massa (disinteresse, superficialità, ignoranza).


Votare L'8 e 9 giugno è previsto un referendum con cinque quesiti: quattro riguardano il lavoro e uno la cittadinanza.
Quelli del lavoro abrogano alcune norme attuali su: licenziamenti illegittimi, contratti a termine, responsabilità negli appalti.
Quello sulla cittadinanza propone che gli stranieri che la richiedono debbano essere già residenti in Italia da almeno cinque anni, invece dei dieci attuali.
Per la validità del referendum è necessario che vada a votare almeno la metà degli aventi diritto, ma già si prospetta che saranno pochi quelli che ci andranno e che non si otterrà il quorum.

A chi chiede il motivo si possono dare varie risposte.

Per prima cosa, purtroppo, la realtà è che la politica non appassiona più la gente.
La società ha altri interessi a cui dedicarsi. Da un lato, per trascuratezza di tutto ciò che riguarda il bene comune e, dall'altro, perché i politici appaiono sbruffoni e presuntuosi, tranne rare eccezioni.
Qualunque sia il loro gruppo, centro, destra o sinistra, risultano antipatici, perché i mass media trasformano tutto in spettacolo e loro si comportano come divi cinematografici dilettanti.

Spesso si beccano come ragazzetti litigiosi.
E vien da chiedersi: perché devono sempre dar torto all’altro?
Possibile che tutto quello che l'avversario dice sia sempre sbagliato, per principio?
Ci sarà bene, prima o poi, qualcosa di giusto, fatto o promesso, anche se non è tuo?
Invece no, per partito preso (è proprio il caso di dirlo) l'avversario sbaglia sempre e, quando il politico intervistato non sa motivare il perché, svicola su argomenti diversi, con cui poter rigurgitare una litania di errori fatti dall'altro nella legislatura corrente, precedente o anche molto prima.     Ma errare è umano e qualche errore prima o poi lo fanno tutti.

Il disinteresse per la politica è un fenomeno sempre più diffuso: molte persone preferiscono contenuti più leggeri, divertenti e immediati, come quelli dei social media. E ne hanno mille ragioni se si considera la massa di notizie negative, complicate che ci inondano, che generano la voglia di evadere dalle cose serie del quotidiano.
Al contrario, i social offrono contenuti facili e piacevoli, come video, meme, post divertenti e virali: tutta roba che si scorre senza fatica.
Una canzonetta o un rappereggio ti fa passare il tempo senza preoccuparti.
La politica, invece, richiede impegno, concentrazione, attenzione critica.
Dato che alla gente piace lo spettacolo, la politica e chi ci lavora sono in concorrenza con eventi più piacevoli ed attori più bravi. La politica è perdente.

Alla fatica e al “piacere sì o no”, va sommato il possibile distacco dalle questioni politiche, derivante da ignoranza, autocentrismo, egoismo.
Sono tre difetti consequenziali, collegati.
L'ignorante non conosce, non comprende alcune problematiche e resta insensibile, disinteressato a tutto ciò di cui gli manca la consapevolezza. Di conseguenza diventa autocentrico, privilegia se stesso, il proprio punto di vista, i propri bisogni e trascura quelli degli altri e della collettività.
Ma, se ti focalizzi esclusivamente sui tuoi interessi e bisogni, dai scarsa importanza alle questioni altrui, al benessere comune: così ti comporti da egoista.
In aggiunta, l'egoismo è anche alimentato dai modelli social che spesso diffondono superficialità, sopraffazione, discriminazione e violenza a danno del prossimo.
Il risultato di tutto ciò è un circolo vizioso: l'ignoranza alimenta l'egoismo e l'autocentrismo, che a loro volta conducono a ulteriori forme di disinteresse e isolamento sociale.
E chi se ne frega più dei referendum!


Folla

G.A. - 05/2025

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