Ah, la memoria!
Peccato che noi si perda, man mano, nel corso degli anni, ciò che abbiamo messo nel calderone della nostra memoria! Pochi, i fortunati che riescono a conservarsene una buona parte.
La ricerca medica tenta di inventare qualcosa che rallenti negli anziani la perdita della memoria.
Ma quanta memoria abbiamo io e te?
Qualcuno ha stimato che le nostre cellule nervose, i neuroni, siano almeno mille miliardi e ha prospettato che i collegamenti tra di loro, cioè le sinapsi, siano qualche milione di miliardi.
Pur se i nostri meccanismi mentali sono ben diversi da quelli dei computer, egualmente, c'è chi ha provato a tradurre la nostra memoria in byte informatici: è arrivato così a numeri con 15 e più zeri!
Quando davvero ci riuscisse, che cosa se ne farà un corpo vecchio e fragile di una memoria fresca e giovane? Forse c'è una soluzione.
Il mio racconto nasce queste riflessioni. E poi: altri pensieri in libertà.
NOTA - Immagini ispirate allo stile pittorico "decollage".
Gim sta camminando per strada, guardando la gente indaffarata e le vetrine dei negozi. Oggi non ha fretta, così può osservare tutto con calma.
Ma ecco che un’immagine pubblicitaria, esposta in una bella vetrina, lo incuriosisce.
È una gigantografia, che mostra una strada affollata di una moderna città.
S'intravedono tante persone, dirette in ogni direzione e tutti stanno trascinando un proprio trolley.
Non ci sarebbe nulla da notare, se non il fatto che quei trolley sono tutti identici per dimensione, tutti di un brillante colore azzurro e con un'identica sigla: A.R.P.
Il primo pensiero di Gim è:
– Forse è il lancio di una nuova marca di valigie ultra leggere. Ne inventano sempre di nuove e super resistenti a qualunque urto.
Lui è in anticipo sul suo appuntamento, ha un po' di tempo ancora da far passare, così, dopo un attimo di riflessione, decide:
– Se il prezzo è buono, potrei acquistarne una.
Entra nel negozio ed al commesso che gli si avvicina, domanda:
– I vostri trolley sono omologati anche per i voli in USA?
– Oh signore, mi scusi. Questi non sono normali bagagli o valigie, ma sì tratta dell'ultima speciale nostra realizzazione. Sembrano normali trolley da viaggio, ma in realtà, sono delle protesi personali di memoria.
– Ah!
– Le spiego: se lei vuole, perché teme che in un futuro, vicino o lontano, non ricorderà tutto ciò che oggi sa, può farsi copiare la sua memoria in uno dei nostri trolley. Qui dentro ci può star tutta, perché si tratta di ben 2 milioni e mezzo di gigabyte, più o meno l’equivalente della memoria RAM di mezzo milione di
persolal computer. Se lei si fa ri-versare qui dentro tutto ciò che ha in testa e si porta dietro questa appendice, non dimenticherà mai più nulla.
Gim balbetta, smarrito:
– Non posso crederci! Forse sto sognando. Come può funzionare una cosa del genere? Occorrerebbero dei fili che vadano dal trolley al cervello. Chi è quel pazzo che può volere una cosa del genere?
– Ma no, scusi, oggi non è più così, come lei pensa.
Forse, una volta, avrebbe potuto essere assai complicato, ma oggi basta il nostro dispositivo bluetooth, sincronizzato sulle sue onde cerebrali, perchè la memoria che sta nel trolley si comporti e funzioni perfettamente, così come se fosse nella sua testa.
Di fronte al disagio di Gim, il commesso capisce che il suo interlocutore non è aggiornato su quelle tecnologie e che occorre dargli dei chiarimenti:
– Mi presento, io sono il dottor Tobor. Sono qui per dare una mano al personale di vendita, ma, in realtà, sono un tecnico dei nostri laboratori. Ho capito che lei non è familiare coi progetti e gli obiettivi del nostro gruppo: noi siamo la ARP, la “Anti Robot Pre-emption”, cioè noi vogliamo mantenere per l'uomo la "Priorità sui Robot". Lei non lo sa, ma è già da tempo che ci diamo da fare contro l'invadenza crescente della robotica.
– Ah, di questo si tratta. Ho sentito solo accennarne un poco. Mi dica, mi interessa.
E Tobor riprende:
– A noi dell'ARP non piace che ogni giorno s'inventino automi e robot sempre più capaci di imitatre le azioni dell'uomo e le funzioni del nostro cervello. Non ci va che, giorno dopo giorno, cresca l’invadenza di apparecchiature intelligenti di ogni tipo, che ci sostituiscono nel nostro lavoro e nelle nostre attività quotidiane. Temiamo che di questo passo i robot arriveranno a soppiantarci del tutto.
Al che Gim immediatamente obietta:
– Ma questo è il progresso, dottor Tobor, non c'è nulla di male se i robot ci aiutano, sostituendoci dove è possibile. Così possiamo affaticarci di meno e disporre di più tempo libero da dedicare a cos'altro ci piace. Al di là del lavoro, che magari non è il massimo di ciò che vorremmo fare!
– Caro signore, – incalza l’altro, – questa è stata la prima reazione emotiva della società. Sembrava tutto bello e positivo, quando gli scienziati e gli ingeneri hanno cominciato a produrre i robot per le industrie. All’inizio nulla avevano di umano: erano meccanismi buffi, dotati di qualche braccio snodato con cui spruzzavano vernice o muovevano i pezzi sulla catene di montaggio. Sostituivano azioni ripetitive e monotone, perciò: tutto bene in quel momento.
Si concede un breve respiro e prosegue infervorandosi:
– Poi però gli ingegneri cibernetici son riusciti a dotarli di mobilità, di visione bioculare, di sensibilità al tatto, di intelligenza artificiale, di voce e di tante altre prerogative tipicamente umane.
E non basta, perché nel contempo, hanno dato ai loro automi un aspetto sempre più simile al nostro. Hanno dato loro un volto, rivestito di silicone o di gomma speciale, tali da assomigliare alla carne e alla pelle umana.
Con cavi e microcip interni che sanno riprodurre perfettamente la mimetica e le nostre espressioni facciali.
Ora anche Gim vuol dire la sua:
– È vero, ho sentito che in Giappone hanno lanciato Erica, la robot giornalista, dotata di intelligenza artificiale, che può leggere e rielaborare le notizie. Riesce a fare movimenti così naturali da sembrare davvero una donna in carne e ossa.
E Tobor conferma:
– È vero, ma non si tratta di un caso isolato. Già han provato a costruire: camerieri, receptionist e maggiordomi robot, che lavorano negli hotel, in varie parti del mondo. Si ipotizza che presto potrebbe arrivare nelle case un efficace domestico androide, proprio un robot-colf.
– Caspita!
– Perciò, continuando di questo passo, perché no: prima o poi costruiranno anche un compagno o una compagna perfetta, cioè un marito o una moglie robot.
– Questo, magari, no!.
– Pian piano l'umanità verrebbe sostituita e soppiantata in tutto, noi diventeremo inutili e gli automi ci sommetteranno. Ma noi dell'ARP non lo vogliamo, tutto questo noi lo combattiamo!
Dopo un breve silenzio, Gim, prova ad obiettare:
– Ma come si può contrastarlo? Non è sufficiente che voi, dell’ARP ci diate il vostro bel trolley azzurro per mantenere la memoria e la capacità di ragionamento. L’uomo invecchiando perde man mano anche le forze fisiche. Invece i robot hanno muscoli meccanici che non si logorano o che possono essere sostituti facilmente con pezzi di ricambio, quindi: più o meno indistruttibili.
Per noi invece, invecchiando che ci succede: reumatismi, artrite, artrosi, osteoporosi, fratture, stampelle, carrozzine e magari l'immobilità ed il letto!
Ma il dottor Tobor immediatamente ribatte:
– Noi dell'ARP non lavoriamo soltanto sul cervello. Ci diamo da fare anche contro l'invecchiamento fisico.
I nostri ingegneri-ortopedici stanno realizzando nuovi esoscheletri ultraleggeri, dotati di sensori e sistemi di feedback per la gestione dei movimenti, da montare sopra e attorno agli arti, gambe e braccia.
Chi li indossa acquista una "muscolatura artificiale" che dà forza, potenza ed agilità.
Gli esoscheletri attuali sono ancora delle macchine, non trasportabili, che negli ospedali specializzati reinsegnano a chi, essendo rimasto troppo tempo immobile, ha dimenticato il "pattern del camminare". Ma vogliamo arrivare a esoscheletri, che siano più o meno delle comode tute o degli abiti quasi normali.
Gim ora resta un attimo assorto. Sta cercando di immaginare quale sarà nel mondo, la convivenza e la competizione tra uomini e robot, quando, un domani, accadrà tutto ciò che ha appena ascoltato:
– Mi pare di capire che avverrà che i robot, macchine di dentro, andranno acquisendo sempre più il nostro aspetto esteriore, mentre noi, veri umani al di dentro, prenderemo la scorza visibile o nascosta di macchine-robot: quasi un'inversione anti-natura!
Se sarà così, allora, cos'altro ci differenzierà?
Forse il fatto che loro, i robot, tutto ciò che hanno in testa glielo mettiamo noi e loro lo sanno per inprinting, mentre noi, l'acquisiamo per esperienza, con fatica, facendo i nostri errori, correggendo i nostri peccati?
Ma il dottor Tabor obietta:
– No, signore, oggi non è più così. Anche gli automi studiano ed imparano. Veda il semplice caso dei nostri normali PC: quasi sempre sono dotati di un software con cui possono imparare a scrivere ciò che dettiamo e a leggere a voce alta. Con l'esercizio, si perfezionano, correggono gli errori e aggiungono nuove parole e fonemi al loro dizionario.
Quanto alla capacità di imparare da soli, mi creda: sono loro più bravi e veloci di noi.
Anzi, c'è già chi prospetta di costruire un robot-professore, capace di insegnare lui ai nostri studenti!
Come vede è importante che noi dell'ARP ci si dia da fare per contrastare l'incalzante avanzata dei robot.
Ma ora Gim vuole dire la sua:
– Però io credo che l'uomo sarà sempre superiore, almeno per due motivi.
Primo: perchè resta nostra l'esclusività dei sentimenti e della coscienza.
Cioè: potranno mai gli automi, coi loro futuri super potenti circuiti emozionarsi, capire il bene ed il male, pentirsi?
E anche: soffrire, essere felici, prendere atto di se stessi e domandarsi chi siano, perché esistono?
Il dottor Tobor deve ammettere:
– Anche altri la pensano come lei dice. Ma avverrà poi veramente così?
E Gim incalza:
– Se non bastasse, c'è almeno un secondo motivo. L'uomo resterà certamente superiore perché il mondo si regge su leggi e principi fisici indiscutibili.
Se si imita qualcosa che già esiste, si fa una "trasformazione". Ma qualunque trasformazione a questo mondo dissipa un po' dell'energia originale disponibile, che diventa disordine, entropia.
Quindi: ciò che si è imitato non sarà mai meglio dell'originale.
Ed anche: ciò che si crea non sarà mai meglio del suo creatore.
Mettendola sul mistico, sullo spirituale: Dio ha creato noi a sua immagine, ma noi non saremo mai come Lui.
Noi fabbrichiamo i robot a nostra immagine, ma loro non saranno mai come noi.
G.A. – 05/2018
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