Il Violino Magico

Questo raccontino è un remake di due favolette di parecchi anni fa.
Erano cose che allora piacevano molto ai miei quattro nipotini.
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Antonio è un ragazzino che frequenta la quinta elementare. Siccome è grandicello e abbastanza giudizioso, talvolta la mamma gli consente di andare o tornare da scuola senza essere accompagnato.

Un pomeriggio mentre sta tornando a casa, Antonio scorge all’angolo della strada un mendicante che suona un violino. È uno strano, curioso personaggio: un uomo pallido, molto magro, vestito di scuro e con in testa uno strano cappello.
Sta suonando sul suo strumento una simpatica musichetta:
– Frin frin … blin blin … zin zan.
Ogni tanto un passante generoso mette una monetina nella custodia del violino, che sta posata lì a terra accanto ai suoi piedi.

Il Violinista Antonio si ricorda che nella tasca dei calzoni ha una monetina avanzata dal giorno prima e si sente in dovere, invece di conservarla per comperarsi qualche caramella, di darla pure lui al mendicante.
Allora gli si accosta, mette la monetina nella custodia a terra e guarda il violinista che allora s'interrompe di suonare e gli sorride, dicendo:
– Ciao, Antonio.
– Come fa a conoscere il mio nome? – risponde lui sorpreso.
– Perché sono magico, anzi, perché è il mio violino che è magico!
– Com’è possibile? Le magie esistono solo nelle favole; non ci sono nella realtà, – replica con forza Antonio.

Il violinista continua a sorridere e gli chiede:
– Antonio, vuoi che faccia ora una magia tutta per te?
– Magari, se non mi prende in giro, – balbetta sorpreso e chiede:
– Vediamo se è capace di far piovere!
Infatti il sole sta splendendo in mezzo a un cielo senza nuvole. Sarebbe proprio una bella richiesta per mettere alla prova la magia di cui l’altro si vanta!

Il suonatore accosta il violino alla spalla sinistra, impugna con la destra l’archetto e comincia a farlo saltellare sulle corde:
– Frin frin … blin blin … zin zan.
Dopo pochi istanti smette di suonare e Antonio si accorge che alcune gocce di pioggia sono davvero cadute attorno a loro.

All’inizio ne resta meravigliato, ma poi afferma:
– Qualcuno nei balconi qui di sopra sta innaffiando i fiori, non è pioggia! Questa prova non vale. Provi a far nevicare se è davvero magico!

Il violinista si rattrista per un attimo. Non è riuscito a convincere il suo amico, che ora gli chiede una prova ancora più difficile:
– Non mi è permesso di far nevicare in questa stagione, ma per te cercherò egualmente di far arrivare qui la neve! – dichiara.

Riprende il suo strumento e comincia a suonare, ma un motivetto diverso, un po’ più lungo:
– Ziiin zaan … biin baan … zin zan … frin frin … blin blin … zin zan, – poi smette e aspetta silenzioso.
Allora Antonio gli dice:
– Mi spiace signor violinista, non vedo la neve.
– Aspetta, aspetta un attimo, – sussurra lui.

In quel momento un furgoncino si ferma proprio accanto al marciapiede. Scende l’autista, apre il portellone e scarica per terra due scatoloni. Poi richiude il furgone, solleva quei pacchi e li porta a braccia fino al negozio di fronte.
Ed ecco: proprio lì dove aveva appoggiato gli scatoloni è rimasto per terra un rettangolo di bianchissima brina, dato che contenevano surgelati.

Antonio ne raccoglie un po’ nella mano; è gelida come la neve, sembra proprio neve!
Il violinista gli sorride silenzioso. Allora Antonio gli dice:
– Beh, beh, forse il suo violino è davvero magico, ma mi resta qualche dubbio. Tutto quanto è successo può essere stato un caso, però, se così non fosse, il suo violino sarebbe davvero stupendo!
Perciò, incuriosito, gli si accosta e gli chiede:
– Per favore, posso vederlo da vicino?
– Certo, – dice il musicista e, mentre lo abbassa per mostrarglielo, aggiunge:
– Antonio, guarda qui, dove il legno è più lucido e ti ci puoi specchiare.

Antonio fissa il suo sguardo in quel punto e, invece di vedere se stesso, gli sembra di scorgere, come su un televisore, il viso molto preoccupato della mamma.
– Ohilà, il tempo è volato, mi stanno aspettando. Devo scappare subito, arrivederci signor musicista!
E si avvia di corsa verso casa.
Prima di girare l’angolo si volta un attimo, ma il violinista non c'è già più.

A casa la mamma lo sta attendendo, preoccupata per il ritardo.
Vorrebbe fargli una giusta ramanzina, ma non ci riesce, perché Antonio, ancora ansimante per la corsa, vuole assolutamente raccontarle, tutto d’un fiato, quello che gli è successo.

Alla fine del racconto la mamma si rasserena ma, accarezzandolo, gli ricorda che non deve mai parlare con gli sconosciuti, perché esistono anche persone malate e cattive che possono fare del male ai bambini.
Per fortuna quel giorno Antonio aveva incontrato una brava persona, anche se un po’ strana e originale.
Quanto poi ai fatti accaduti, lei è assolutamente convinta che si sia trattato soltanto di una serie di simpatiche coincidenze.

Nei giorni successivi Antonio si dispiace molto di non ritrovare più il violinista.
Anche la mamma, quando passa da quelle parti, lo cerca, inutilmente.
Poi finalmente un bel mattino, ecco che lei lo rivede proprio là dove Antonio l’aveva incontrato quel giorno.
Gli si avvicina e, mentre gli mette un euro di elemosina nella custodia del violino, cerca di sbirciarlo meglio, ma sussulta nel sentire il suo saluto:
– Buongiorno mamma di Antonio!
– Scusi, come fa a saper chi sono? – chiede sorpresa.
– Lei ha gli stessi occhi buoni di Antonio, – risponde il violinista.

I passanti e il Violinista In quel momento nella strada stanno passando altre persone e il dialogo tra la mamma e il mendicante è interrotto da una voce più grossa che dice con asprezza:
– Va a lavorare, signor fannullone! – ed è un omone grosso e robusto con delle braccia così muscolose da far paura solo a vederlo.
Istintivamente la mamma interviene in sua difesa:
– Ma non fa male a nessuno, ci rallegra con le sue canzoncine!
Allora una vecchietta ossuta e arcigna agitando il suo ombrello si allea col grassone:
– Diventi ricco a nostre spese, signor ladro!
– Ma non sono un ladro, se lo fossi non sarei qui. Non mi sto arricchendo, sono ammalato e non posso fare lavori pesanti. Mi guadagno da vivere suonando, non sto rubando! – si difende il violinista.

Attorno a loro si forma un crocchio di curiosi. I più difendono il mendicante, soltanto l’omone e la vecchietta continuano ad insultarlo. Lui ascolta e tace, mentre la mamma di Antonio si pone proprio di fronte a lui per proteggerlo.

Ad un tratto il violinista imbraccia il suo strumento e prende ad armeggiare col suo archetto, in un intenso crescendo:
– Friiin friin, … fruum fruum, … froom froom, … fraam fraam, … zacc, – e lì s'interrompe, perché s'è levato un grido:
– Accidenti! Ma che diavolo … ! – l’omone sta imprecando.
E anche:
– Per la miseria! Ma che shifooo … ! – è il gridolino della vecchietta.

Cosa mai è successo?
Due piccioni hanno lasciato cadere contemporaneamente i loro "bisogni" proprio sulla testa di quei due! E sono due robacce importanti, semiliquide e abbondanti.
L’omone, tutto rosso, sta cercando di pulirsi e di evitare che gli scenda in faccia quella cosa giallo-verdastra, ma già ne ha la fronte tutta imbrattata.
La vecchietta non sa cosa fare: strilla e più strilla, più la robaccia scende sui suoi vestiti, anche se la mamma di Antonio, impietosita cerca di soccorrerla usando il suo fazzoletto.

Alla fine i due imbrattati si allontanano, brontolando e, a poco a poco, la gente si dirada.
Rimane solo la mamma di Antonio.
– Che sfortuna … – le bisbiglia il violinista.
– Forse non è stata pura sfortuna, – risponde lei guardandolo severamente.
– Eh già … – risponde lui, confessandosi un pò.
Ora la mamma cambia il suo cipiglio in un sorriso di saluto. Deve riprendere il suo cammino, che tutti quegli avvenimenti hanno interrotto.

Il violinista imbraccia ancora il suo strumento e riprende a suonare una lieve musichetta:
– Friiin, ... friin, … friiiin …
Dopo pochi passi la mamma s'accorge che, nonostante non ci sia vento, dagli alberi del viale si sono staccate alcune foglie che ora, roteando sopra di lei la seguono quasi danzando, come uno sciame di farfalle.

G.A.

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